Nel post precedente ho brontolato su come la political correctness porti a cancellare (per ora solo dai murales) i classici della letteratura.
Mi fa molto piacere che Pierluigi Battista la pensi come me.
Ma adesso lasciatemi divertire, immaginando di essere anch’io politically correct e di arricciare il naso davanti a OMBRE ROSSE (1939)
“Vergogna! gli apaches sono descritti come sanguinari selvaggi brutti sporchi e cattivi. Talmente cattivi che Lucy Mallory preferisce la pallottola di Hatfield alla prospettiva di essere violentata da quelle belve!”
“Questo è razzismo! Peggio ancora: gli Apaches vivevano sul confine messicano!”
“Questa storia dunque è sfruttabile da Trump per connotare negativamente tutti quelli che traversano quel confine!”
“Quanto al protagonista, Ringo Kid, che diritto ha di farsi giustizia da solo? Dovrebbe far arrestare i fratelli Plummer dallo sceriffo di Lordsburg e testimoniare contro di loro in tribunale!”
“E invece no! Tira fuori le sue colt e li fa secchi! Non vuole giustizia, vuole vendetta!”
“D’altra parte quasi tutti i western, da Ford a Leone e a Tarantino, sono una glorificazione delle armi da fuoco! E’ evidente l’influenza della lobby delle fabbriche di armi…”
Mi fermo qui, perché se dovessi analizzare in questa ottica PANE, AMORE E… (dove Tina Pica istiga Lea Padovani a trasformarsi da austera pianista a profumatissima seduttrice) non finirei più.
Conclusione: il mondo del cinema è più libero e tollerante di quello della letteratura; se all’università di Manchester ci sono corsi di cinema sicuramente lì sono meno rigidi…