Ladies and gentlemen, alla mia sinistra lo sfidante: Quentin Jerome Tarantino, classe 1963.
- Nel 1992 ha scritto e diretto LE IENE, film che ha scandalizzato mezzo mondo per la sua iper violenza
- Nel 1993 ha scritto la sceneggiatura di UNA VITA AL MASSIMO (la regia è firmata dal povero Tony Scott, ma non conta: è sempre a Tarantino movie); direi che è il meno valido della trilogia
- Nel 1994 PULP FICTION (Palma d’oro a Cannes, 7 nomination e 1 Oscar per la sceneggiatura); anche qui cadaveri a carrettate e scene di ferocia ineguagliata.
Alla mia destra il campione in carica: Dario Argento, classe 1940.
- Nel 1977 gira (in soli 10 giorni) SUSPIRIA, una pietra miliare nella storia del genere horror. Veniamo così a fare conoscenza, nella gotica location di Freiburg (Foresta Nera, Germania), con Mater Suspiriorum, una delle Tre Streghe. Morti a carrettate.
- Nel 1980 gira INFERNO. Questa volta siamo a New York: la Mater Tenebrarum vive (?) in un labirintico sotterraneo e si diverte un mondo tra incendi, coltellate e strangolamenti a catena.
- Nel 2007 la trilogia si conclude con LA TERZA MADRE. Qualche maligno ha insinuato che si poteva intitolare LA SECONDA FIGLIA (Asia, seconda figlia di Dario, è inquadrata praticamente dalla prima all’ultima scena). A me è piaciuto.
Lascio ai giurati il gravoso compito di votare da 1 a 10. Qui voglio solo accennare (magari ci tornerò sopra in altre occasioni) alla misoginia di Argento.
Non solo si compiace di massacrare una dozzina di giovani donne nella citata trilogia, ma, seguendo l’antichissima tradizione mediterranea che vede nelle donne essenzialmente delle malefemmine apportatrici di sventure (Eva, Pandora, la maga Circe, la Santanchè…) identifica le Tre Streghe con la Morte stessa (e chi l’ha detto che morte è femmina? avete presente il nordico SETTIMO SIGILLO?).
Non così Tarantino, non così. Nella citata trilogia le donne non muoiono (quasi) mai e comunque sono migliori della media maschile. Che si chiamino Alabama, Mia o Coniglietta non fanno pensare alla morte. Semmai sono simboli di una vitalità anarchica e selvaggia.