DIALOGO SOCRATICO, in cui si discetta sull’incontro ITALIA-BRASILE e si rivela il motivo per cui l’autore di questo bloggaccio ha FINORA evitato di parlare di attori con più di 50 anni

In un pub, presso il Teatro di Dioniso.

CALLICLE – Sono lieto di vederti, o Socrate!

SOCRATE – Se dicessi la stessa cosa, o Callicle, sarei insincero.

C – Dimmi, o Socrate, vedrai la partita Italia-Brasile? La trasmettono su Raiuno…

S – Come potrei vederla, o Callicle? La televisione non è stata ancora inventata. E, anche se lo fosse, non proverei alcun interesse per quei miliardari in mutande.

C – Eppure, o Socrate, sarà una trasmissione molto seguita. Avrà certamente un’audience di molti milioni di spettatori!

S – Su questo non ho dubbi, o Callicle. Ma ora voglio farti una domanda.

C – Dimmi, o Socrate.

S – La Rai trasmette generalmente programmi di alta cultura, come le tragedie di Eschilo e le commedie di Aristofane?

C – Generalmente no, o Socrate. Trasmette più spesso programmi alquanto banali, come VOYAGER, CHI L’HA VISTO? e I FATTI VOSTRI.

S – Secondo te, o Callicle, per quale ragione alla Rai e alle altre reti preferiscono la banalità alla cultura?

C – Tiro a indovinare, o Socrate. Forse è la pubblicità che induce i programmatori a scegliere in tal modo.

S – Per Zeus Olimpio, o Callicle, questa volta hai detto qualcosa di sensato! Senza la pubblicità la televisione non avrebbe tanta importanza nella nostra vita, né i suoi dirigenti intascherebbero stipendi così cospicui. E ora dimmi: i messaggi pubblicitari a chi sono diretti?

C – Sono rivolti a tutti, o Socrate.

S – In questo ti sbagli. Sono diretti a gente particolarmente scema, che viene persuasa dagli spot a comprare questo detersivo invece di quello. Chi sa usare il proprio cervello, o Callicle, decide da solo se comprare un’auto o andare in crociera, se pagare in contanti o usare una carta di credito. Perciò i messaggi pubblicitari farciscono i programmi da encefalogramma piatto, puntando a un target di donne e uomini che, invece di ragionare su cose concrete (come lo sviluppo sostenibile, la lotta agli sprechi, lo strapotere della malavita organizzata), vivono in una caverna piena di ombre e di sogni.

C – Tu parli come un mitingaio, o Socrate, e io non ti capisco.

S – Su questo mito della caverna, o Callicle, devo ancora lavorare. Ma ora ti faccio una domanda più facile: per quale motivo il bibliofilo autore di questo blog ha finora dedicato tanto spazio agli attori e alle attrici under 50?

C – Boh, o Socrate? Forse egli ritiene che siano migliori.

S – Questa volta, o Callicle, l’hai proprio fatta fuori del vaso! Hugh Jackman e Joseph Fiennes migliori di Jack Nicholson, Morgan Freeman e Anthony Hopkins (nati tutti nel 1937)? In realtà il bibliofilo è (come ben sappiamo) un pigrone e preferisce postare su star che abbiano interpretato un numero assai limitato di ruoli!

C – Vedo che stai andando via, o Socrate.

S – Infatti ho da fare, o Callicle. Ma rispondi a quest’ultima domanda. Se un filosofo e un cretino stanno parlando e il filosofo se ne va, chi rimane?

C – Rimane il cretino, o Socrate.

S – Ti saluto, o Callicle.

Published in: on luglio 25, 2021 at 8:29 am  Comments (6)  
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il miglior film da vedere nella Giornata della Memoria? IL PIANISTA

Tra i tanti film dedicato all’Olocausto questo è il mio preferito.

Palma d’oro a Cannes, Oscar al regista Polanski e al protagonista Brody.
piani

Storia vera, tratta dall’autobiografia del pianista ebreo Wladyslaw Szpilman che nella prima scena suona Chopin alla radio polacca: è il settembre 1939.

Nell’ultima scena (siamo nel 1945) suona ancora Chopin alla radio polacca.

Nel frattempo c’è stata l’invasione nazista, la rivolta del ghetto di Varsavia, la rivolta di tutta Varsavia e l’arrivo dei Russi. Per un anno intero il pianista Szpilman è vissuto in solitudine in una soffitta, lottando con il freddo e la fame.

Lo hanno salvato la passione per la musica (privo del pianoforte, muove le dita a memoria per non impazzire) e un capitano tedesco che, scoperto per caso quello strano barbone scheletrico che vive in soffitta, gli dà da mangiare e da coprirsi.

Bravissimo Adrien Brody. Attore molto intenso (di New York, madre ungherese) che ha saputo rendere benissimo il personaggio. Osservatelo (se avete il DVD e sapete usare il ferma-immagine) mentre piange di rabbia perché non riesce ad aprire la carne in scatola. E mentre suona, naturalmente: credo che non ci siano trucchi, sono proprio le sue dita.
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Published in: on gennaio 26, 2017 at 12:55 am  Comments (4)  
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chi ha inventato la pubblicità? qual è stato il primo slogan?

Se per messaggio pubblicitario intendiamo quello che ci convince a desiderare qualcosa a cui non avevamo ancora pensato allora il primo pubblicitario è stato il Serpente (il più furbo di tutte le bestie, secondo Genesi, atto terzo, scena prima) che disse a Eva: “i vostri occhi si apriranno e SARETE COME DIO…” 
ser pente
Sarete come Dio! che slogan!!!!!

Breve, diretto, affascinante.

Dentro c’è di tutto e di più!

C’è IMPOSSIBLE IS NOTHING

C’è COSA VUOI DI PIU’ DALLA VITA?

C’è CHI PUO’ DARTI DI PIU’?

C’è NON CI SONO PARAGONI

C’é JUST DO IT (Adam and Eve just did it)

Published in: on dicembre 2, 2015 at 10:46 am  Comments (4)  
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il meglio del peggio della pubblicità

Mi chiedo quale sarà la forma d’arte caratteristica del XXI secolo. Nell’800 fu l’opera lirica, nel 900 il lungometraggio cinematografico.
sivichaplin
Forse, in questo secolo, sarà lo spot pubblicitario. Un po’ avvilente… ma bisogna confrontarsi con la realtà.

Ci sono fantastiliardi in gioco e i creativi migliori sono contesi dalle agenzie di tutto il mondo

Personalmente odio il mondo fasullo dei messaggi pubblicitari, dove automobili nuove di zecca corrono su strade e ponti DESERTI (provate a filmarle in tangenziale o in Viale Zara nell’ora di punta!), famiglie mulinobianchesche sorridono beate e sdolcinate (mai che i bambini si sputino addosso i semi del cocomero… no, no, per carità! il cocomero non è chic…) e gatti/cani non fanno mai la cacca.

Tuttavia, in tanta abiezione, qualcosa di apprezzabile l’ho vista. Nei prossimi post ve ne citerò qualcuno, tra quelli apparsi recentemente sugli schermi, piccoli e grandi, del nostro Bel(?)paese.

E, prima ancora, proverò ad analizzare uno slogan che qualcuno molto furbo inventò tanto tanto tempo fa…

Published in: on novembre 30, 2015 at 7:54 PM  Comments (2)  
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La forma d’arte del XXI secolo: Sabrina Ferilli sul divano?

Già mi sono chiesto quale sarà ricordata come la forma d’arte caratteristica del nostro tempo.

In sintesi, l’opera lirica ha riempito l’Ottocento (en passant, ciao Verdi!) e il cinematografo ha riempito il Novecento. E questo secolo (di cui l’ottava parte è già trascorsa) da cosa sarà riempito?

Dai sacchetti della spesa?sacchetti

O dagli spot pubblicitari? Che in fondo sono quasi la stessa cosa, avendo come fine il riempimento dei primi?

Forse sì. Gli spot sono un’arte raffinata e complessa, in cui trovano sintesi la psicologia, la musica, la recitazione, la computergrafica e la meccanica (in quanto spesso fanno girare le palle).

Ci hanno dato dentro grandi registi: Fellini, Ridley Scott, Terry Gilliam, Baz Luhrmann, Daniele Lucchett (grande? bé, non è Fellini ma neanche un Vanzina).

Inoltre gli spot raccontano il tempo presente meglio di un trattato di sociologia.

Prendete ad esempio gli ultimi spot della TIM (cosa vorrà dire TIM? Tutti Ingoiamo Merda?)

Una ragazzona castanoramata divide un appartamento con altre 3. Universitarie? Lavoratrici in un call center? Boh. A parte che Chiara Comesichiama ha 27 anni (un po’ molti per andare all’Università), non la si vede mai con un libro in mano o a prendere l’autobus per raggiungere l’eventuale posto di lavoro. In compenso sono sempre a spasso, cantano ballano organizzano flash mobs…

Gli archeologi dei prossimi millenni scopriranno che sulle rive del Mediterraneo viveva un tempo una stirpe di allegroni: “non c’era lavoro, la qualità della vita era pessima, ma loro cantavano e cazzeggiavano continuamente tra loro con piccoli apparecchi…” 

Insomma CANTA CHE TI PASSA

Poi c’è il bifidus regularis, un batterio che dovrebbe mandarti a cagare (ma perché tante complicazioni? a cagare ti ci mando io, GRATIS).

L’hanno citato in tanti spot, illustrando il noto processo fisiologico della defecazione con la metafora della pancia-che-sorride. Immagino che in qualche istituto di gastroenterologia abbiano proposto tesi di laurea sul bifidus.

Concludo proponendo per il futuro museo delle cazzat opere pubblicitarie il tormentone di S. Ferilli e gli artigiani-della-qualità. Gli archeologi di cui sopra scriveranno “agli inizi del terzo millennio si diffuse nel Mediterraneo il culto della Tardona Sdraiata; probabilmente le 50enni dell’epoca, espulse dal mondo del lavoro, si consolavano facendosi fabbricare divani e poltrone da artigiani sottopagati (pare di origine cinese o materana, ma non vi sono dati certi in merito) e adagiandovi le proprie siliconate membra”.

POST SCRIPTUM.

Nel prossimo post valuterò le interpretazioni di un noto figaccione. Non vi dirò cosa fa, ma cosa NON fa.

  1. NON vende romanzi di Dickens nella sua libreria
  2. NON è puntuale ai matrimoni
  3. NON sopporta che il Presidente USA ci provi con la sua cameriera

MARCOVALDO AL SUPERMARKET

Nel gioco didattico BOOKLAND non si danno voti soltanto ai romanzi. Ci sono anche i racconti.

Ne abbiamo proposti di tantissimi autori, da BIANCA PITZORNO (Parlare a vanvera) a FREDERIC BROWN (Un uomo esemplare) da Buzzati a Benni a E.A.Poe.

Negli ultimi anni il punteggio più alto è andato a Marcovaldo al supermarket di ITALO CALVINO.

Scritto negli anni ’50 e pubblicato nella Terza pagina dell’Unità, è contenuto nella raccolta MARCOVALDO (20 racconti, uno più bello dell’altro) e mantiene, a distanza di mezzo secolo, una grande attualità.

Trama: una famiglia di poveracci vuole provare l’ebbrezza di riempire i carrelli in un grande supermercato e, quando arriva la chiusura e il gioco deve finire, riesce a liberarsi di tutta quella merce in modo molto originale.

L’attualità del racconto consiste nella descrizione del supermarket (allora era una novità sconvolgente per gli italiani) e delle sue atmosfere.

La musichetta allegra che euforizza i clienti. I nomi dei prodotti che i bambini riconoscono gioiosamente, come se incontrassero dei cari amici… A pensarci bene, non è cambiato niente: posso testimoniare che è ancora così, che i bambini salutano con urletti di gioia il caffè Lavazza o i rotoloni Regina (cito a caso qualcuno dei marchi che la televisione provvede a martellare nella loro tenera mente) e, quanto alla colonna sonora che ci riempie soavemente le orecchie, riconosco che i dj del Carrefour sanno il fatto loro. Spero che li paghino adeguatamente.

Per non parlare dell’accorgimento strategico di mettere bene in evidenza i prodotti più superflui e di mettere in un cantone quelli veramente essenziali, quelli che compreresti comunque. All’Ipercoop di Borgo Panigale ho contato una volta 17 tipi di biscotti al cioccolato, ma per trovare i fazzoletti, lo zucchero o il sale ci vuole una notevole pazienza.

Calvino era un MARXISTA CONSEGUENTE e perciò descriveva il supermercato come un luogo alienante, una fabbrica di frustrazioni. Non so se oggi riscriverebbe il suo racconto (un vero CAPOLAVORO, a giudizio dei suoi giovani lettori) con lo stesso gusto amarognolo.

Published in: on settembre 15, 2008 at 12:13 PM  Lascia un commento  
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