Tutta la vita davanti

Ieri trasmettevano questo bel film di Virzì, un’amara descrizione del mondo presente.

Lo avevo accostato a IL MEDICO DELLA MUTUA (che però era più “commedia”) in https://ilbibliofilo.wordpress.com/2008/10/04/classifica-provvisoria/

E’ un DRAMMA, con tanto di morti ammazzati, sulla precarietà e SULLA FEROCIA DEI RAPPORTI INTERPERSONALI in un’azienda un’associazione per delinquere che sfrutta lavoratrici e lavoratori precari per spacciare un inutile elettrodomestico a vecchiette di periferia.

La trama (se non la conoscete già) ve la riassumo dopo il video. Prima però una considerazione FILOSOFICA

E’ proprio la filosofia a salvare la protagonista dalla disperazione.

E ad affascinare la piccola Lara (che da grande “farà la filosofia”) con il MITO DELLA CAVERNA.

Mito quanto mai attuale, ci vuol dire Virzì. Noi tutti, come le ragazze del call-center che iniziano la giornata cantando e ballando l’inno aziendale, viviamo nella caverna delle illusioni. E siamo tentati di scambiare la realtà con le ombre illusorie del consumismo, della TV grandefratellistica, con la falsa felicità degli spot.

E quando le illusioni sfumano, il rientro nella realtà può essere terribile.

Trama essenziale. La protagonista (interpretata da Isabella Ragonese) ha una laurea 110lode e brillanti capacità intellettuali. Deve accontentarsi di fare la baby sitter di una bimba malinconica e poi lavorare (sottopagata) in un call center. La “capa” (Sabrina Ferilli) la prende in simpatia e le rivela di essere l’amante del Padrone (Massimo Ghini).

Poi la catastrofe: la “capa” impazzisce e uccide il Padrone, l’azienda chiude e centinaia di giovani perdono il lavoro. Ma la vita continua e, come sempre nei film di Virzì, l’ultima scena restituisce un briciolo di speranza. Whatever will be, will be…

Allego l’ultima scena, con la partecipazione straordinaria di TATIANA FARNESE (la vecchia signora) bravissima attrice e, temporibus illis, gran bella donna.

TRE FILM DA VEDERE

DIVERSO DA CHI? di Umberto Carteni. Brillante commedia all’italiana.

Si ride (tantissimo nel primo tempo, poco nel secondo) su cose molto serie. Come nell’indimenticabile MEDICO DELLA MUTUA si rideva con Alberto Sordi e si rifletteva sulla sanità italiana e in generale sui mali di una società corrotta e ipocrita, così qui si parla apertamente di omosessualità (e in generale di amore) e di diritti civili.

E si parla, con ironia, dei guai del Partito Democratico: le primarie fasulle, l’eccessiva prudenza, il cinismo dei vecchi marpioni, il far coesistere forzatamente modelli culturali diversissimi. All’inizio il personaggio impersonato dalla Gerini parla come Paola Binetti (con 30 anni di meno) e quando sento la battuta “questo lo mandiamo a farsi massacrare, alle prossime elezioni troveremo un candidato vincente” non ho potuto fare a meno di pensare a Dario Franceschini, poareto…

GRAN TORINO, di e con Clint Eastwood. Dramma suburbano; anzi tragedia, visto come va a finire. Un vecchio terribile, un’auto d’epoca, la difficile convivenza con i “musi gialli”, le guerre tra poveri.

Sono rimasto molto impressionato dal film. Alla fine mi chiedevo “NEANCHE UNA NOMINATION?” Bisogna che lo riveda.

Forse sono stato sopraffatto dalle emozioni che suscita il vecchio leone Clint.

Se torno con la mente ai miei 18 anni (ai vecchi capita molto spesso) il primo film che ricordo è proprio PER UN PUGNO DI DOLLARI. La musica di Ennio Morricone, quelle battute e quelle scene di una violenza surreale.

“Avete fatto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride. Pensa sempre che si rida di lui…”

Ripeto, devo vederlo ancora. Poi deciderò se inserirlo o meno nella mia graduatoria TOP TEN (i migliori films stranieri del decennio). Certe scelte richiedono calma e riflessione.

Infine, LA MATASSA, di Salvatore Ficarra, Valentino Picone e Giambattista Avellino.

Mi è piaciuto (un po’ meno del precedente, il 7 e l’8) e penso che comprerò il DVD. Se non altro, per ammirare PINO CARUSO, raffinato attore che qui ha un ruolo minore (fa il prete) e regala agli spettatori battute di grande mestiere.

Eppoi si parla della mafia. E non è facile parlare di mafia al cinema: o si fa un resoconto fedele (tipo Gomorra) delle sue atrocità o si cade nel macchiettismo, che qui è quasi completamente evitato. Soprattutto i mafiosi non sono visti sotto una luce di (anche minima) simpatia, come qualche volta è successo.