Altri magnifici 4, un po’ per celia un po’ per non morir…

In attesa di superare questo famoso picco, tiro fuori dal mio armadietto altri dvd. In ordine anticronologico.

TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI (Martin McDonagh 2017) – Perché mi piace tanto? Per la grandiosa interpretazione di Frances McQualcosa? Sì, ma anche perché sovverte il tradizionale manicheismo USA. I brutti-sporchi-cattivi (indiani-giapponesi-alieni-ecc) sconfitti alla fine dai BUONI. Qui i cattivi non mancano: l’agente Jason è una vera merda, però a un certo punto cambia rotta e rischia un pestaggio tremendo pur di aiutare Mildred; la quale Mildred non è proprio una santa… (partono insieme per l’Idaho con un fucile di precisione: cercano giustizia o solo vendetta?)

RADIO DAYS (Woody Allen 1987) – Un film incantevole. Allen si ispira all’AMARCORD di Fellini (con la maestra che balla nuda davanti allo specchio al posto di Gradisca e un sottomarino nazista al posto del transatlantico Rex). La colonna sonora mi riempie di commozione; sono le canzoni del 1940 (che però arrivarono nella mia radio 15 anni dopo): Donkey Serenade, Lullaby of Broadway, Take the A train…

THE STING (Robert R. Hill 1973) – Chicago 1936. Bisogna spennare un pollo. Non un pollo da poco: Doyle Lonnegan è un gangster ricchissimo, che si è fatto strada uccidendo un sacco di gente. Per vendicare un vecchio amico si mettono insieme Henry (Paul Newman) Johnny (Robert Redford) e una banda di abili truffatori. Anche qui non è lo scontro tra “buoni” e “cattivi”, ma tra “supercattivi” e “cattivi simpatici” (da entrambe le parti si usa la “berta” con effetti letali). Strepitosa colonna sonora a base di ragtime.

I SOLITI IGNOTI (Mario Monicelli 1958) – Con questo indimenticabile film nasce la commedia all’italiana. Fino a quel momento c’erano da una parte il neorealismo e dall’altra le comiche di Totò e Dapporto. Qui i due filoni si fusero, trovando un equilibrio che purtroppo si è perso per strada. Per raggiungere questo risultato si impegnarono un bravissimo regista, tre superattori (Gassman, Mastroianni, Totò ) e una squadra di eccezionali caratteristi: Tiberio Murgia, Carlo Pisacane e la sora Lella.
tredayysstingigno

Published in: on aprile 1, 2020 at 4:34 PM  Lascia un commento  
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Specchio, specchio che non hai mai l’affanno… qual è il peggior film italiano di quest’anno?

La fine del 2016 si avvicina, alla velocità costante di 60 minuti all’ora.

Film buoni (PERFETTI SCONOSCIUTI, tanto per dirne uno) ne sono stati realizzati in Italia.

Ma anche tante fetecchie: ne elenco qui 7 (in attesa che i prossimi mesi ne aggiungano altri) sperando che chi passa di qua mi aiuti a scegliere il peggiore.

    1. TIRAMISU’ – Diretto da Fabio De Luigi, interpretato da Fabio De Luigi. Auguro a FDL di fare meglio la prossima volta. Anche perché fare peggio è impossibile. La storia, decisamente balorda, si ispira lontanamente a IL MEDICO DELLA MUTUA, che però è lontano anni luce.
    2. TOMMASO – Anche qui un regista (Kim Rossi Stuart) che dirige se stesso. Può funzionare, se ti chiami Orson Welles. Negli altri casi non funziona quasi mai. La generosità con cui le attrici (tra cui Cristiana Capotondi) fanno a meno dei vestiti non basta a farmi piacere il film.
    3. UN PAESE QUASI PERFETTO – Questa volta si cerca di scoprire la bellezza delle montagne lucane. Ma la storia non sta in piedi (per trasformare una miniera in un centro termale occorrono capitali enormi). Fabio Volo è il solito cane. Silvio Orlando da seimenomeno.
    4. MILIONARI – Film realizzato nel 2014 e proiettato nelle sale solo quest’anno. Se lo vedi capisci il perché. Difetto principale: il protagonista è disegnato con eccessiva simpatia (tipo Vito Corleone), mentre andrebbe coperto di sterco. Pregio: c’è Francesco Scianna, che però recita con poca convinzione.
    5. FOR EVER YOUNG – Come sprecare dei bravi attori (Bentivoglio, Teocoli, Fresi, “Lillo” Petrolo, Frassica ecc) per realizzare un prodotto meno che mediocre. Fausto Brizzi è in calo dai tempi di NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI. Stavolta è solo notte, notte fonda.
    6. ONDA SU ONDA – Altro regista che dirige se stesso. E’ Rocco Papaleo e come spalla si è scelto Alessandro Gassman. Due grossi calibri, mica Boldi e De Sica. Eppure il film non decolla: si ride pochissimo e il finale è una vera lagna.
    7. L’ABBIAMO FATTA GROSSA – Vedi sopra. Albanese è un bravo attore (sentirlo, nel finale, recitare il monologo del Macbeth è l’unico momento bello della storia. Verdone è Verdone. Però questa farsa (chiamarla commedia mi pare eccessivo) somiglia troppo a quelle di Stanlio e Ollio.

capottiral'abb

SONO FOTOGENICO (Dino Risi, 1980)

Ogni tanto cado nella tentazione di vedere qualche commediola all’italiana.

Per lo più delle vere schifezze. L’ultimo era talmente melenso che non lo nomino neppure… (vabbé, se proprio volete saperlo, indicherò il titolo in fondo al post)

Per rifarmi la bocca tiro fuori dall’armadietto il dvd di una VERA commedia.

Perché mi piace tanto SONO FOTOGENICO?

Non è un capolavoro, d’accordo, ma Dino Risi sapeva il fatto suo. E sceglieva bene il cast.

A parte i due protagonisti (Pozzetto e la Fenech) ci sono VERI attori in scena, a cominciare da quel grande caratterista che era Michel Galabru (qui nella parodia di Dino De Laurentiis)
galabru
Per non parlare dei “camei”: Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi e tanti altri nel ruolo di se stessi.

Perché non se ne fanno più film così? Problemi di budget? Non c’è più Dino Risi? O è il pubblico che affolla le sale solo per il genere farsa?

Già, dimenticavo di sottolineare che SONOecc ha un finale amarognolo. Mica come i film di Zalone dove alla fine sono tutti contenti…

TRAMA ESSENZIALE. Un pirla cinefilo parte dal paesotto per conquistare Cinecittà. Gliene capitano di tutti i colori. Torna al paesotto.
risi
Se non l’avete ancora visto, ve lo consiglio.

Se non avete visto UN PAESE QUASI PERFETTO vi consiglio di non vederlo.

Published in: on Maggio 27, 2016 at 6:57 am  Lascia un commento  
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Come fu che Auguste e Louis Lumière mi spiegarono le cause della MANCANZA DI IMMAGINAZIONE degli italieschi

Sabato siamo andati a vedere un dramma romantico in cui nessuna pecora è stata maltrattata (una recensione sintetica la potete leggere nell’altro blog) e poi a banchettare in un tempio della gastronomia bolognese, tra polpette e crescentine.

Al quarto bicchiere di lambrusco i fratelli Lumieri si sono seduti al nostro tavolo.

Ho chiesto ai quattro vegliardi (ma forse erano due, sapete com’è quando si è bevuto un po’…) di farmi capire perché il cinema italiano ha perso tanta quota rispetto a quello francese.lum
– il fatto è -dissero- che voi italieschi mancate di innovazione; non vi piacciono le novità, soltanto da voi si ripete da secoli lo stanco rito sanremese, soltanto voi sopportate 200 sere all’anno un bischero come brunovespa; soltanto in Italia Berlusconi poteva durare tanto… e anche Renzi ve lo godrete almeno per altri vent’anni…-

Ma (tentai di controbattere) abbiamo avuto anche noi delle nuovelle ondate: il neorealismo, la commedia all’italiana…

una rondine non fa primavera, un fico secco non fa un pranzo di nozze! la commedia à l’italienne si basava sulla bravura di Monicelli, Salce, Pietrangeli e Dino Risi, di Gassman e Tognazzi, di Manfredi e Monica Vitti… finiti loro è finito tutto! siete andati avanti per decenni con i cinepanettoni, ora la moda è Montalbano: il giovane Montalbano, il nonno di Moltalbano, la suocera di Montalbano, la cugina di quarto grado della zia di Montalbano, Moltalbano contro Dracula…-

A quel punto gli amici, preoccupati di vedermi colloquiare con un attaccapanni, mi hanno portato a casa.

Peccato, perché mi era venuto in mente un episodio di Italia 1990 che esemplificava bene il concetto… vabbè, lo tirerò fuori al prossimo incontro

Published in: on settembre 22, 2015 at 10:10 am  Comments (1)  
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MI RIFACCIO VIVO (Sergio Rubini, 2013)

Lo ridanno spesso su scaicinema. Rivedendolo, mi sembra meglio di come lo giudicai 2 anni fa.

TRAMA ESSENZIALE. Biagio, imprenditore sfigatissimo, vuol farla finita e si butta nel lago. Karl Marx, che ha le funzioni del dantesco Minosse, giudica e manda… all’Inferno quelli come lui. Ma forse c’è una via di scampo.

Commedia brillante, ben recitata da professionisti con la P maiuscola (Marcorè, la Buy, Solfrizzi, Rubini, ecc) meritava qualcosa di più del miserrimo incasso (manco un milione di euro!); un motivo c’è…
vivo
MOTIVO (dello scarso incasso): nel film si parla di morte, di Inferno e di Paradiso; il pubblico italiesco (che magari va a Messa la domenica) non ama questi temi; soprattutto odia l’idea che qualcuno (in questo caso il barbuto K. Marx) dia un giudizio definitivo su come sei vissuto e come sei morto.

Per cui ci si attacca al ferro di cavallo, al corno di corallo… e si spera di non morire mai.

Frank Capra lo può fare, Rubini no…

e adesso che ci faccio con 94 milioni di euro?

E’ vero che con i soldi non puoi comprare la felicità, MA LA PUOI AFFITTARE PER UN PO’ DI TEMPO.

Mettiamola così. Immaginiamo di aver imbroccato il premione del Superenalotto (cosa non avvenuta: non ho neanche giocato): cosa ne farei?  

  1. Potrei mettere su una casa di distribuzione cinematografica e far vedere qualche bel film nelle sale. Ci rimetterei un sacco di soldi, ma vuoi mettere la sodisfazione? Pensate a CESARE DEVE MORIRE (grande, grandissimo esempio di cinema) che hanno visto in pochi perché proiettato in pochissime sale…
  2. Già che siamo in argomento potrei produrre una (una sola, sennò vado in rosso) COMMEDIA ALL’ITALIANA. Non una farsaccia come usa adesso (ogni riferimento a “Operazione vacanze” è puramente voluto), ma una storia vera, con veri attori, che aiuti a pensare alla realtà presente e non a fuggirne. Ve lo ricordate TUTTA LA VITA DAVANTI? Ecco, una cosa così…
  3. Potrei comprare l’edificio che ospita il glorioso TEATRO DUSE di Bologna. E il Duse sarebbe definitivamente salvo. Lo farei gestire da quel bravo attore che è Guido Ferrarini. Così facciamo pace.
  4. Potrei rilevare la libreria di piazza Galvani, quella frequentata da G. Carducci e la sua cerchia. Feltrinelli si è stancato di gestirla in perdita (gli affari sono affari…) e adesso la vuole la COOP.

A questo punto qualcuno obietterà: “Come hai fatto, o bolognese che non sei altro, a giocare la tua schedina a Catania?”

FACILISSIMO. Mi sono fatto prestare la Firebolt da Harry e un Time Turner da Hermione. Così, saputi i 6 numeri vincitori, ho viaggiato nel tempo fino al pomeriggio di sabato…

soldi

che fine ha fatto la commedia all’italiana?

L’altra sera RAI MOVIE ha trasmesso L’ARMATA BRANCALEONE, con grande sollazzo da parte mia.

Film che (è stato autorevolmente sentenziato) può essere definito “commedia all’italiana”.

Infatti NON è un film storico (si passa con disinvoltura da scenari dell’anno 1000 a locations rinascimentali); Brancaleone e la sua gang sono davvero una rappresentazione del popolo italiano, mezzo longobardo e mezzo bizantino, fiero e straccione al tempo stesso, capace di slanci eroici e di viltà…

Ma non del bel film di Monicelli voglio parlare qui (magari un’altra volta).

Qui si parla solo dei più recenti tentativi di commedia all’italiana.

Qualche esempio?

  • BAR SPORT (tentativo lodevole, ma non riuscito, di rendere i toni surreali di Benni)
  • MATRIMONIO A PARIGI (più che commedia, una farsa sgangherata)
  • I SOLITI IDIOTI (vedi sopra)
  • LA PEGGIOR SETTIMANA DELLA MIA VITA (commedia farseggiante, si potrebbe intitolare Fantozzi-si-sposa; in confronto ai due che precedono, però, sembra Goldoni e Moliere messi insieme)
  • EX – AMICI COME PRIMA (qualche buono spunto galleggia in un mare di banalità; la gag del preservativo è veramente trucida)
  • IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE (vorrebbe essere Amarcord, ma di Fellini ce n’è uno solo e Pupiavati non ha la leggerezza del Maestro)
  • LEZIONI DI CIOCCOLATO 2 (dolciastro; Argentero ha l’espressività di un mobile bar; che peccato vedere Salemme e la Finocchiaro sprecati così)
  • SCIALLA (direi il migliore della lista, ma quel boss “poeta” è troppo fasullo…, magari lo recensirò come si deve)

MONICELLI, GERMI, LOY, SALCE, ZAMPA, RISI (Dino, mica Claudio) dove siete? branca

Published in: on dicembre 2, 2011 at 11:17 PM  Comments (5)  
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Commedie (e farse) all’inizio della primavera

Questo pomeriggio siamo andati all’Arlecchino. Proiettavano un film così così (dopo vi dico quale) e, quando siamo tornati a casa, abbiamo “messo su” il DVD di una delle più belle commedie di tutti i tempi.

Tanto per rifarci la bocca.

Apro una parentesi (vi avviso, sarà piuttosto lunga).

Mi chiedo perché siano così rare le commedie ben riuscite nel nostro cinema (ce ne sono, naturalmente, ce ne sono: elencherò in altra sede quelle che mi sono piaciute di più) e, se vogliamo cercare capolavori, i primi titoli che vengono in mente sono di genere drammatico: ROMA CITTA’ APERTA, LADRI DI BICICLETTE, LA CIOCIARA… fino a GOMORRA.

Inoltre, come è stato sentenziato, AGLI ITALIANI PIACCIONO DI PIU’ LE FARSE che le commedie vere e proprie. Era così in passato (da Petrolini a Totò), è così oggi:

  • TUTTI AL MARE è una farsa, nel senso che fa ridere (lo ammetto, ho riso anch’io) con situazioni e macchiette da commedia dell’arte (ad esempio, lo iettatore) e con battute vernacole che a Roma e dintorni funzionano sempre; ma qui in Val di Pado si ride poco a sentir ripetere continuamente “paraculo”, “figlio di mignotta”, “bucio de culo” ecc
  • un’altra farsa, in vernacolo toscano, ha rubato il titolo a AMICI MIEI (quello sì che era un capolavoro!): si ride in sala, ammetto anche questo, ma meno del previsto; più che altro mi ha fatto tornare in mente BELFAGOR L’ARCIDIAVOLO del 1966 (ma tra Ettore Scola e Neriparenti ce ne corre, per non parlare di Gassman)
  • farsa amara è QUALUNQUEMENTE; l’abbiamo visto in compagnia di un calabrese (pardon, un reggino) che continuava a commentare “è proprio così, da noi i sindaci si eleggono così…”; alcuni tra i miei amici lo hanno giudicato un capolavoro: bisognerà che lo riveda (magari in TV) perché proprio non me ne sono accorto
  • MANUALE D’AMORE 3 l’ho visto unicamente per sentire De Niro pronunciare battute in italiano; è un grande professionista, ma da solo non basta; siamo sempre nel genere farsa: Verdone, più che a Sordi, assomiglia sempre più a Fantozzi (il parrucchino, la porta dell’ascensore in faccia, i guerriglieri che lo prendono ostaggio) e Scamarcio che si nasconde dietro la porta perché è tornato il marito… che strazio!

Prova a differenziarsi dal farsume sopraelencato LA VITA FACILE, ma non merita la sufficienza; lo può apprezzare solo chi ama i panorami della Rift Valley. Elisa di Rivombrosa (la Puccini) non è credibile: si innamora a turno di tutti i maschi che le capitano a tiro, mantenendo SEMPRE LA STESSA ESPRESSIONE TRASOGNATA.

Veniamo infine a NESSUNO MI PUO’ GIUDICARE, il film da cui è iniziato questo interminabile post.

Se volevano una storia graffiante (tipo TUTTA LA VITA DAVANTI) questa graffia poco. Nessuno oggi si scandalizza se una 35enne, per tirare avanti, si improvvisa escort.

Semmai c’è troppa concorrenza.

Diciamo che si intrecciano una love-story tra i protagonisti (poco riuscita: né la Cortellesi né Bova sono convincenti come amanti) e una parte comica.

E le risate non mancano, soprattutto quando Rocco Papaleo fa le sue sparate razziste: “i negri sono una razza inferiore… sono andati in America e si sono messi a fare gli schiavi, mentre noi italiani siamo andati in America e abbiamo fondato la MAFIA… tutta un’altra organizzazione…”


Chiudo la parentesi piuttosto lunga.

Adesso dovrei dirvi quale bellissima commedia abbiamo visto, una volta tornati a casa. Ma il post ormai supera le 500 parole.

Ne parliamo la prossima volta. Adiòs.

Tutta la vita davanti

Ieri trasmettevano questo bel film di Virzì, un’amara descrizione del mondo presente.

Lo avevo accostato a IL MEDICO DELLA MUTUA (che però era più “commedia”) in https://ilbibliofilo.wordpress.com/2008/10/04/classifica-provvisoria/

E’ un DRAMMA, con tanto di morti ammazzati, sulla precarietà e SULLA FEROCIA DEI RAPPORTI INTERPERSONALI in un’azienda un’associazione per delinquere che sfrutta lavoratrici e lavoratori precari per spacciare un inutile elettrodomestico a vecchiette di periferia.

La trama (se non la conoscete già) ve la riassumo dopo il video. Prima però una considerazione FILOSOFICA

E’ proprio la filosofia a salvare la protagonista dalla disperazione.

E ad affascinare la piccola Lara (che da grande “farà la filosofia”) con il MITO DELLA CAVERNA.

Mito quanto mai attuale, ci vuol dire Virzì. Noi tutti, come le ragazze del call-center che iniziano la giornata cantando e ballando l’inno aziendale, viviamo nella caverna delle illusioni. E siamo tentati di scambiare la realtà con le ombre illusorie del consumismo, della TV grandefratellistica, con la falsa felicità degli spot.

E quando le illusioni sfumano, il rientro nella realtà può essere terribile.

Trama essenziale. La protagonista (interpretata da Isabella Ragonese) ha una laurea 110lode e brillanti capacità intellettuali. Deve accontentarsi di fare la baby sitter di una bimba malinconica e poi lavorare (sottopagata) in un call center. La “capa” (Sabrina Ferilli) la prende in simpatia e le rivela di essere l’amante del Padrone (Massimo Ghini).

Poi la catastrofe: la “capa” impazzisce e uccide il Padrone, l’azienda chiude e centinaia di giovani perdono il lavoro. Ma la vita continua e, come sempre nei film di Virzì, l’ultima scena restituisce un briciolo di speranza. Whatever will be, will be…

Allego l’ultima scena, con la partecipazione straordinaria di TATIANA FARNESE (la vecchia signora) bravissima attrice e, temporibus illis, gran bella donna.

Funerali, matrimoni e altri disastri

Sono andato poche volte al cinema in questo mese. Sono molto preso dal gioco di BOOKLAND e da altre iniziative (ne riferirò la prossima volta).

Alcuni film mi sono piaciuti talmente poco che non voglio sprecare tempo a recensirli.

Altri mi hanno lasciato perplesso (tipo Agorà): ci penserò su e poi scriverò.

Oggi voglio dedicare qualche riga a DEPARTURES e a MATRIMONI E ALTRI DISASTRI.

OKURIBITO (Departures) è un bel film giapponese, molto poetico, premiato dall’Academy Award nel 2009 (miglior film straniero).

C’è l’omaggio (molto orientale) alla sacralità della morte, ma c’è anche il dramma della disoccupazione.

Suonava il violoncello in un’orchestra sinfonica il giovane Daigo. L’orchestra è sciolta (la crisi c’è anche là) e lui accetta con molta riluttanza il lavoro (molto ben remunerato, e si capisce perché) di “tanatoesteta”, addetto alla ripulitura, rasatura e abbellimento dei cadaveri. Dopo ogni “trattamento” si lava con minuziosa, quasi rabbiosa, precisione ogni parte del corpo.

La dolce sposina lo lascia (poi tornerà) e gli “amici” lo evitano. Non è un mestiere “onorevole”, gli dicono. Ma lui va dritto per la sua strada. Preparate i fazzoletti per l’ultima scena.


Torniamo in Italia con una commedia ambientata a Firenze.

Vigilia di nozze per Beatrice, che però deve recarsi a Los Angeles per lavoro (scopriremo, da alcuni particolari legati al calcolo dei fusi orari, che c’è un inghippo) e la sorella single (interpretata da Margherita Buy, 48 portati molto bene) deve pensare (malvolentieri) a tutto: ricevimento, lista di nozze, incontro con il parroco…

Scoprirà molte cose:

  • che il suo futuro cognato (Fabio Volo) è un cafone (cellulare acceso durante la Tosca!), ma non è tanto carogna come sembrava
  • che c’è un imbarazzante segreto nella vita di sua madre (Marisa Berenson) e di suo padre (Beatrice è veramente sua sorella?)
  • che lei si riteneva ERRONEAMENTE priva di fascino, visto che a turno si innamorano tutti di lei

Una commedia garbata, bene interpretata dalla Buy. C’è anche Luciana Littizzetto (sempre brava) in un ruolo di contorno.