quanti Oscar a THE ARTIST?

C’era una volta il cinema muto.

E ci fu (tra il 1927 e il 1929) il dramma di tante star (attrici, attori e registi) che per diverse ragioni NON RIUSCIRONO ad adeguarsi alle nuove tecniche espressive e non lavorarono più.

Storia risaputa, molto ben raccontata in CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA (Singin’ in the rain, 1952) e che dà lo spunto a questo film.

Capolavoro? L’ho visto due volte e ancora non so decidermi.

Ma sono sicuro che qualche statuetta la porterà a casa. Perché (prima di tutto) è un film FURBO. Anzi FURBISSIMO.

      • E’ un omaggio alla Hollywood degli Anni Venti, pur essendo francese la produzione, francese il regista, francesi i due protagonisti (d’ora in poi denominati LUI e LEI). I giurati dell’Academy apprezzeranno di più LEI che balla il foxtrot o LUI che fa il verso a Douglas Fairbanks?
      • E’ un omaggio al cinema del passato, quello col formato quadrato (niente Panavision, niente Cinemascope) e coi titoli all’inizio e non alla fine. Anche questa è una furbata che sarà molto apprezzata.
      • FURBISSIMO l’impiego di un JR Terrier, ottimamente addestrato (neanche al Circo Medrano ho visto numeri così sorprendenti)
      • FURBO il lieto fine. Qualcuno della mia ballotta l’ha trovato zuccheroso, ma come si poteva fare altrimenti? Se LUI ad esempio muore recitando, appare l’ombra di Chaplin (Luci della ribalta), se impazzisce viene in mente VIALE DEL TRAMONTO (confronti che schiaccerebbero chiunque)
      • Furbo l’affiancare a LEI e LUI due comprimari di classe: John “Flintstone” Goodman (il produttore) e James Cromwell (l’autista tuttofare). Cromwell è un attore di lungo corso: di recente l’abbiamo visto nei panni del principe Filippo d’Edimburgo (in THE QUEEN) e del presidente Bush senior in W.
      • Last but not least, FURBISSIMA l’idea di riesumare l’Unionesovietica come stato-canaglia. Avete notato che nel film-nel-film LUI interpreta una specie di Primularossa in lotta contro i Russi per l’indipendenza della Georgia?

artisti

the dark side of the USA: dalle Idi di Marzo a J. Edgar

Gli States sono di moda. Quest’anno si elegge il Presidente.

E’ cominciata nell’Iowa quella lunga tournée chiamata PRIMARIE (quattro anni fa cominciava l’ascesa di Barack Obama).

Sarà un caso l’apparizione sugli schermi di due storie “politiche”?

  • THE IDES OF MARCH. Un bel dramma, ben interpretato da Ryan Gosling e George Clooney (anche regista). Riuscirà il governatore Morris a conquistare i delegati che gli mancano, più contrattando la vicepresidenza con un boss del Partito Democratico che lanciando proclami agli elettori? E riuscirà il suo addetto stampa Stephen a perdere ogni illusione? Vicenda amara, ricca di colpi di scena, priva di quel manicheismo di tanti film alla F. Capra, con i buoni, i cattivi… qui (come si dice a Roma) il più pulito ci ha la rogna
  • J. EDGAR. Povero Hoover, ossessionato dalla paura dei comunisti, ma soprattutto da una madre che definire una rompicoglioni è un pallido eufemismo! E una volta che parla di sposare un’attrice il suo amichetto gli fa una scenata isterica (bicchieri rotti, pugni in faccia e alla fine baci in bocca) che sembra di essere a Beautiful! Che compassione mi fai! Quasi ti perdono di aver ricattato mezza America e aver fatto di tutto per sputtanare M. L. King… Bravo Di Caprio, bravissima J Dench (la rompicoglioni), un po’ meno bravo Eastwood come regista (magari una maggior concisione e un uso meno frequente del flashback…)

In entrambi i casi TIRA ARIA DI OSCAR (più per LE IDI che per EDGAR).

A meno che i giurati non si lascino affascinare da THE ARTIST, coraggioso omaggio al cinema (muto) degli anniventi.

Film che recensirò presto.

P.S. All’uscita del cinema Rialto ho sentito questo commento: “Dopo aver visto questo film, passa la voglia di votare!”

Beh, in America il carisma di Obama sembra appannato e molti sospettano che il VERO potere si nasconda dietro le quinte, oltre e al di sopra dei partiti. In Italia lo sapevamo già da un pezzo.
ididicaprio

Luci della città (1931)

Perfetta commistione di comicità e di sentimento, alterna in 89 minuti gag nella miglior tradizione dello slapstick e momenti di intensa commozione.

TRAMA ESSENZIALE. Un vagabondo senza-un-soldo si invaghisce di una povera fioraia cieca. Riesce (a prezzo del carcere) a procurarsi i bigliettoni per mandarla in Europa a ritrovare la vista. Lei torna guarita e lo riconosce toccandogli la mano.

Per dare un’idea della comicità allego video di un incontro di boxe (uno dei tentativi di far soldi). Chaplin era un perfezionista e girò all’infinito questo match, chiedendo consigli a molti veri pugili.

Quanto al sentimento, rivedetevi il toccante finale del film, accompagnato da “La violetera” un celebre tango spagnolo.

Aggiungo un paio di particolari.

  • la fioraia fu interpretata da Virginia Cherrill, che non era un’attrice; era una giovane aristocratica di Chicago e dopo City Lights non fece più nulla nel cinema
  • nel 1931 tutto il mondo aveva adottato il sonoro, ma Chaplin si ostinò a realizzare un film muto (dopo questo venne Tempi moderni, quasi totalmente muto) e il pubblico lo premiò: LUCI DELLA CITTA’ fu un successone al botteghino, anche se non ebbe alcun oscar (sui difficili rapporti tra Chaplin e l’establishment di Hollywood posterò in futuro).
Published in: on febbraio 4, 2011 at 7:11 PM  Comments (5)  
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