Quando i turisti passano per la Piazza Maggiore di Bologna quasi sempre si sentono raccontare della grandiosa impalcatura che permise a Carlo Quinto (detto “el còdega”) e al suo imperiale seguito di passare dal piano nobile di Palazzo d’Accursio alla chiesa di S. Petronio.

E spesso si aggiunge che quel giorno stesso (24 febbraio 1530) l’impalcatura crollò provocando molte vittime.
Sul numero delle vittime non v’è certezza: qualcuno parla di una vera strage, altri volano basso. La verità è che quel che è successo davvero non lo sappiamo e probabilmente non lo sapremo mai.
A qualcuno piace creare leggende metropolitane, ma gli storici devono lavorare sui documenti. E nessun documento dell’epoca parla di questo crollo.
Ho fatto un’indagine. In una biografia, pubblicata dal bolognese Gregorio Leti nel 1699, si parla di una trave “male inchiodata” che cadde a pochi passi dall’imperiale Còdega che si spaventò molto, ma poi se la cavò con una battuta di spirito.
Bisogna aggiungere che questo Leti, autore della VITA DELL’INVITTISSIMO IMPERADORE CARLO V, era un bel tipo. Girò l’Europa, si convertì al calvinismo, morì ad Amsterdam. Scrisse molto contro la Curia Romana. Immaginò di un grottesco conclave delle più rinomate puttane di Roma (l’opera si intitola IL PUTTANISMO ROMANO, O VERO CONCLAUE GENERALE PER L’ELETTIONE DEL NUOVO PONTEFICE.
Forse non è lo storico più attendibile che si possa immaginare, ma questa faccenda della trave male inchiodata mi sembra genuina. E comunque testimonia il carattere precario delle costruzioni in legno a quell’epoca.
Molto tempo dopo, nel 1842, Gaetano Giordani pubblicò DELLA VENUTA E DIMORA IN BOLOGNA DEL SOMMO PONTEFICE CLEMENTE ecc ecc PER LA CORONAZIONE bla bla bla. In questa opera si menziona il crollo di parte dell’impalcatura di cui sopra.
Le vittime sarebbe state due: un soldato dell’Imperatore e un “gentiluomo fiammingo”. Molti i feriti. Non conosciamo i loro nomi, ma ciò non sorprende essendo passati più di 300 anni dai fatti.
Invece il Giordani riporta con molti particolari il contrasto tra il marchese Gozzadini e il generale spagnolo De Leyva, che se non c’era il Papa a metter pace chissà come finiva. Ma lì i documenti c’erano (magari ritornerò sull’argomento).
Nella seconda metà dell’Ottocento la leggenda del crollo (anzi, della catastrofe) si diffuse. Ne scrissero in molti, tra i quali si distinse Carlo Rusconi (bolognese) che pubblicò a Torino L’INCORONAZIONE DI CARLO V. Era un periodo in cui bisognava parlare male del Papa e soprattutto degli stranieri; infatti si immagina che l’impalcatura fosse stata sabotata dai francesi, inviati da re Francesco per uccidere l’odiato Carlo. Roba da 007-JAMES BOND A BOLOGNA, insomma.

