10 mesi fa ho recensito il film di Branagh
Ora, rivisto il branaghfilm nel piccolo schermo, sento l’impulso di riprendere il discorso.
Confrontando i 2 diversi finali, la figura di Poirot e la colonna sonora.
Ricordate il finale, a tempo di valzer, della versione del 1974?
Poirot ha smascherato i colpevoli creando tensione (per la verità le attrici e gli attori restano impassibili mentre il gesticolante detective ricostruisce il delitto; tanto sanno già come andrà a finire!) ma alla fine tutto si aggiusta e si beve champagne.
Nella versione del 2017 il clima è ben diverso.
Anzitutto Poirot non è il solito ghiottone vanesio. E’ pieno di nevrosi (la gag delle cravatte raddrizzate!) e di dubbi. Sembra Amleto (Branagh è stato un grandissimo Amleto nel 1996) e nelle sue mani la storia diventa veramente una tragedia.
La colonna sonora (di Patrick Doyle) abbandona il valzer e il tango per pagine molto drammatiche (pochi violini, molto pianoforte e lunghi momenti di silenzio).
Quando poi i nodi vengono al pettine, Poirot manifesta un profondo pessimismo. “Ho sempre creduto che l’uomo fosse razionale e civilizzato… ma la natura umana è perversa!“
(questa battuta non c’è nel romanzo)
E non c’è il brindisi finale (che faceva finire il film del ’74 come un’operetta viennese). Linda Arden prima di tentare il suicidio mormora “la mia vita è finita con quella di Daisy…”.
Ma non muore. Avrà una lunga vita (almeno spero) per riflettere su quello che ha fatto.