Stazione centrale di Napoli. Molto pulita. Negozi di moda. Molta polizia.
Tra un treno in partenza e uno in arrivo (quasi sempre in ritardo) l’altoparlante mette in guardia i viaggiatori: “non acquistare cibi e bevande da venditori non autorizzati!”
Saliamo sul treno (che parte in perfetto orario): io e mia moglie andiamo a Bologna, nostro figlio e nostra nuora a Santiago, via Fiumicino. C’è ancora tempo per tornare su un argomento a cui avevo accennato qui.
Andiamo con ordine. Tanti anni fa (andavo al liceo) uscì un film napoletanissimo, diretto da Vittorio De Sica e prodotto da Dino De Laurentis: IL GIUDIZIO UNIVERSALE.
Ebbe un buon successo da Napoli in giù, ma al nord (nonostante uno sceneggiatore come Cesare Zavattini e attori di grido come Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Paolo Stoppa, Silvana Mangano, Nino Manfredi) fu un fiasco.
Motivo? Parlava di una surreale fine del mondo (preannunciata per le 18 da un vocione dal cielo) e quindi, implicitamente, della morte. Beh, noi settentrionali non vogliamo parlare della Signora con la falce.
Al massimo si mette il necrologio sul giornale e al cimitero ci si va il meno possibile.
Per i meridionali (a quanto mi dicono) è tutto diverso. I fiorai fanno affari d’oro in questi giorni e il 2 novembre ci vorrà tutta la polizia possibile per disciplinare le visite ai cari estinti.
Perché questa clamorosa differenza?
Avanzo un’ipotesi. Quando le differenze di casta sono così tangibili l’unica speranza di eguaglianza è qui.
Come scrisse un Grande Filosofo: ‘a morte ‘o ssaje che d’è? è una livella!