Non vado matto per le serie televisive.
Forse perché sono interrotte dalla pubblicità? E questo, secondo me, le distingue dai film del BARLUME che non sopportano le interruzioni.
Premesso ciò la serie dedicata a C.A. Dalla Chiesa mi è piaciuta molto.
Anche se non c’era incertezza (lo sanno anche i sassi smemorati cosa fece e come morì il Generale) c’era il pathos, ovvero la capacità di suscitare intense emozioni.
Bravissimo Castellitto. In confronto alla sua interpretazione quella di Lino Ventura (nel film CENTO GIORNI A PALERMO) appare fredda, legnosa.
Molto espressivi i “ragazzi del generale”: Antonio Folletto, Flavio Furno, Viola Sartoretto, Alessio Praticò, Romano Reggiani, Andrea Di Maria e mi scuso con quelli che ho dimenticato.
A schermo spento resta molto da pensare. Davvero Andreotti era implicato? Totò Riina era solo l’esecutore dei suoi ordini? Perché Dalla Chiesa fu nominato prefetto? Promoveatur ut morietur?
Perché la mafia è così forte?
Non saremo tanto ingenui da pensare che l’arresto di Messina Denaro concluda la lotta?
Morto un boss se ne fa un altro…
Certo che non conclude la lotta alla mafia, per una serie di motivi. Secondo me, uno è che, almeno finché vivrà la generazione dei Messina Denaro e forse anche quella dopo, la mafia è radicata nel pensiero e nell’economia della Sicilia e non solo. C’è solo da sperare nei giovani.
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Dici bene. Ci vorranno almeno 2 generazioni perché la maggior parte degli italiani (non solo siciliani) scelga la via dell’onestà a quella del “voglio riempirmi la pancia e fare carriera CON QUALSIASI MEZZO”
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Il primo motore della mafia è il sottosviluppo della società, a partire dall’accesso al lavoro. La richiesta di “servizi” di ripiego (e illegali) come l’uso di droga e il salto della concorrenza fisiologica, seguono.
Non può non colpire la persistenza della “questione meridionale”.
Delinquenti abili e organizzati forniscono scorciatoie a clienti di pochi scrupoli.
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