Per me è stata una festa rivedere ieri Tino Buazzelli e Paolo Ferrari nella serie del 1969.
C’è stata anche una serie tv nel 2012, con Pannofino (N. Wolfe) e Sermonti (A. Goodwin). Se proprio volete la mia opinione sulla differenza tra le due versioni… abbiate pazienza un momento. Prima devo dire qualcosa sul personaggio.
Wolfe non è un eroe buonista. Già il nome non incoraggia (Nero sta per Nerone). Non ha la cortesia di Poirot né la signorilità di Holmes. E’ burbero, scostante, irascibile, tratta male le donne… e anche gli uomini.
Si serve di Archie Goodwin (segretario tuttofare) soprattutto per riscuotere esose parcelle, ma lui finge di non essere interessato ai dollari. Ogni tanto Archie, esasperato, sbotta che se ne vuole andare; il suo datore di lavoro sogghigna: “Quella è la porta, Mr. Goodwin”
(appare più nei romanzi che sullo schermo, dove la figura di Wolfe è leggermente ingentilita; comunque Archie si consola con rapide conquiste femminili, perché a lui le donne piacciono molto)
Nonostante tutto Nero Wolfe ha il suo fascino. Si muove pochissimo (e non suona neppure il violino) ma ragiona con incredibile lucidità. E, qualche volta, prova un po’ di commozione. Ad esempio quando parla contro la guerra (da alcuni indizi si deduce che, quando era molto giovane e meno obeso, abbia preso parte alla prima guerra mondiale)
Ecco qui Francesco Pannofino.
Senza offesa, France’, tu sei bravissimo ma il confronto con Buazzelli ti vede perdente. Lui veniva da decenni di teatro (Shakespeare, Brecht, Gogol, Pirandello…). Tu hai dato il meglio di te in BORIS…
Ma sei ancora giovane (e ti auguro vita lunghissima): puoi diventare un grande!
Un merito notevole, devo dirlo, la serie del 2012 ce l’ha. Trasferendo Wolfe nel tempo e nello spazio, le sue indagini si svolgono a Roma alla fine degli ’50. Ciò evita il tono, anzi la stonatura di far parlare poliziotti e assassini di NYC con accenti romaneschi e viterbesi (come avveniva nella serie buazzelliana).