Tra l’altro, voglio vedere come recita C. Firth nell’interpretare un Re suo malgrado, insicuro e balbuziente.
Firth è un attore veramente versatile. Lo ricordo come l’arrogante Lord Wessex di SHAKESPEARE IN LOVE, il pittore Vermeer in LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA, l’amaro Mr. Whittaker in EASY VIRTUE, il cinico lord Wotton in DORIAN GRAY.
E se la cava alla grande anche nei ruoli brillanti: L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNEST (è Jack Worthing), LOVE ACTUALLY, BRIDGET JONES, UN MARITO DI TROPPO, MAMMAMIA! ecc.
Vedremo.
Intanto un post scriptum. All’inizio di ogni mese mi chiedo: chi avrà preso di mira il grande Stefano? quale film verrà parodiato su CIAK?
Probabile bersaglio: LA BELLEZZA DEL SOMARO, con quella consorteria di ricconi di sinistra (Disegni li sbeffeggia spesso) complicati e velleitari.
Ma non trascurerei SKYLINE (chi l’ha visto me lo descrive come mostruosamente brutto) o IMMATURI (ma è uscito solo 8 giorni fa e forse non c’era tempo).
Ieri sera su IRIS trasmettevano questo bel film di R. Benigni.
La prima volta che l’ho visto (Natale del 1997) NON mi era piaciuto l’intrecciarsi di comico (la prima parte) e patetico.
Ma poi mi sono ricreduto. C’è una logica in questo contrasto: il protagonista, così gagliardamente sbruffone, non si lascia avvilire dalla terribile vita del Lager e riesce con le sue tenere bugie a salvare il figlio dalla disperazione.
Gli Oscar, al miglior film-di-lingua-non-inglese, e all’interpretazione di Benigni erano ben meritati.
Come potevano due manichini inespressivi come Tom Hanks e Nick Nolte e un Jan Mc Kellen non al massimo della forma battere il nostro bertoldesco giullare?
Non aspettatevi che ve lo dica io. Né che ve lo dica il film HEREAFTER diretto da Clint Eastwood. Clint non lo sa e non pretende di saperlo. E’ solo un film, come gli spot del caffè Lavazza (ambientati in un paradiso surreale) sono solo spot.
Un bel film. Ottimamente diretto e ottimamente fotografato (non mi meraviglierebbe un Oscar a Tom Stern) con colori che a volte si nascondono nel grigio e nel nero. Tinte adatte alla morte, appunto.
All’inizio una scena spettacolare (lo tsunami, ricreato digitalmente alle Hawaii), poi il montaggio alterna le storie dei tre protagonisti con un buon ritmo. Lo spettatore capisce che le trame confluiranno e resta incollato alla poltrona in attesa del finale.
TRAMA ESSENZIALE. George (Matt Damon) ha poteri medianici. Tocca le mani di una donna o di un uomo e sente la presenza di persone morte, a lei/lui care. Potrebbe farci una barca di soldi, ma non vuole. Posso capirlo: che razza di vita diventerebbe la sua?
Va a Londra (ha una lodevole passione per Dickens e le sue opere) e la sua storia si intreccia con quella di Marie (che ha visto la morte in faccia) e di Marcus, che ha visto morire il gemello e non si rassegna a non vederlo più.
Apprezzabile la delicatezza con cui viene trattato un argomento simile. Apprezzabilissimo il fatto che NON si voglia descrivere l’aldilà: le immagini sfocate che appaiono sullo schermo sono nella mente di George, non necessariamente nella realtà.
E molte cose restano non dette (meglio così, non vi pare?): ad esempio
il berretto che Jason fa volar via dalla testa del fratello ha un significato simbolico o è una mossa tattica per impedirgli di salire sulla metropolitana a Charing Cross?
cosa aveva da farsi perdonare il padre della brunetta, interpretata da Bryce Dallas Howard?
la medium svizzera è “fasulla” come tanti altri imbroglioni che attraversano questa storia o davvero comunica con i morti?
Comunque è giusto che lo spettatore resti nel dubbio. Questo film non pretende di dare certezze. E’ solo un bel film.
Chi mi conosce mi regala libri. Spende poco e mi fa contento.
Anche quest’anno si è accumulata sullo scaffale una dozzina di testi. Una biografia di Leopardi, ben scritta da Pietro Citati (la recensirò), l’ultimo romanzo di Umberto Eco (deludente), poesie di Ligabue, un saggio di Flores d’Arcais, un centone di citazioni cinematografiche ecc.
Ho letto per primo LA CADUTA DEI GIGANTI di K. Follett. Prima ho sorvolato a volo d’uccello le quasi 1000 pagine. Poi (deciso che valeva la pena recensirlo) l’ho riletto con molta attenzione.
Complessivamente è uno sforzo di romanzare la storia del XX secolo (questo volume parte dal 1911 e arriva al primo dopoguerra, seguiranno altri due) che merita rispetto, se non altro per la complessità dell’ordito.
Ma dal punto di vista puramente letterario è da seimenomeno.
Troppi personaggi, molti dei quali assolutamente dimenticabili o comunque di scarso spessore.
E gli succedono TROPPE COSE, decisamente troppe.
Faccio un esempio. Al conte Walter von Ulrich (giovane funzionario del ministero degli esteri tedesco) succede di
spiegare nel 1911 al nuovo re di Gran Bretagna che la Germania non ha intenzioni aggressive
assistere nel luglio 1914 all’incontro (riservatissimo!) tra il ministro degli esteri britannico e l’ambasciatore tedesco a Londra per scongiurare in extremis lo scoppio della guerra
partecipare nell’agosto 1914 (cosa ci fa un diplomatico nello Stato Maggiore del gen Ludendorff?) alla vittoria di Tannenberg
comandare un battaglione sul fronte francese; nonostante sia sposato, va personalmente in ricognizione tra i reticolati inglesi di notte (neanche al cinema succedono cose così…)
occuparsi in prima persona del viaggio Zurigo-Stoccolma-Pietrograd di Lenin; non solo consegna a Lenin una valigia di soldi, ma in seguito attraverserà più volte le linee del fronte per portare altri rubli (non poteva pensarci un altro?)
travestito da caporale va (da solo) nelle trincee russe a fare propaganda pacifista
ritorna a guidare un battaglione d’assalto sul fronte francese nel 1918 e ci manca poco che non vinca la guerra
fa parte della delegazione tedesca costretta a sottoscrivere la Pace
Chissà cosa gli toccherà nel prossimo volume, dove prevedo si parlerà di un certo Hitler…
Ma non è il solo personaggio che sta sempre al centro della scena.
C’è una giovane cameriera, che di nome fa Ethel Williams. PER CASO si trova al cospetto di GIORGIO V, gli dà (senza esserne richiesta) dei consigli utili su come affrontare una situazione critica, contemporaneamente diventa l’amante del conte Fitzherbert e (dopo altri eventi romanzeschi su cui sorvolo) viene eletta alla Camera dei Comuni.
Da ragazza madre a Membro del Parlamento in meno di sei anni. Un vero record, per quei tempi (adesso è facile, basta conoscere Berlusconi….)
Concludo. Non è il miglior romanzo di Follett (il migliore essendo, secondo me, I PILASTRI DELLA TERRA) ma neanche il peggiore.
Difficile definire il peggiore, ma certamente in ballottaggio c’è L’UOMO DI PIETROBURGO, ambientato (pensa un po’) nello stesso periodo storico, la vigilia della grande guerra.