Raiuno ha mandato in onda, in due puntate, la rievocazione di un famoso scandalo politico-bancario di fine Ottocento.
Bel lavoro. Ottima ricostruzione storica, eccellente regia (di Stefano Reali) e buona interpretazione di Lando Buzzanca e Giuseppe Fiorello.
Per me, al di là della valutazione estetica, è importante sottolineare un aspetto giuridico di quella vicenda. Cioè l’istituto dell’IMMUNITA’ PARLAMENTARE.
La conclusione della storia (una storia vera, ripeto) è che TUTTI gli imputati di quel clamoroso processo FURONO ASSOLTI.
E furono assolti proprio perchè la maggior parte di loro erano parlamentari (tra loro Giovanni Giolitti, che era Presidente del Consiglio, e Francesco Crispi, che lo diventò in seguito) e quindi non perseguibili.
Per quelli che non erano parlamentari si ricorse all’argomento: “perchè gli altri sì e loro no?”
Infatti, come spiega uno dei personaggi, “se venissero condannati solo i non-parlamentari e gli altri la facessero franca, l’indignazione popolare potrebbe sfociare in una terribile rivolta”.
Quindi, grazie a quel privilegio di casta, TUTTI ASSOLTI.
Oggi l’immunità parlamentare (più esattamente, l’obbligatorietà dell’autorizzazione a procedere) non esiste più (è stata cancellata nel 1993, ai tempi di Mani Pulite), ma qualcuno la rimpiange.
Già: se ci fosse ancora, Cesare Previti sarebbe ancora deputato.
Magari presidente di una commissione della Camera. Magari ministro.