DUE PARTITE, film di Enzo Monteleone

 

 

Un dramma femminile, di evidente origine teatrale (i due episodi si svolgono nello stesso soggiorno) con otto brave attrici.

Ora vi annoierò con una sintetica TRAMA, poi aggiungerò qualche considerazione sociologica.

1966 (Mina cantava “Se telefonando”): ogni giovedì pomeriggio 4 amiche sulla quarantina si ritrovano a giocare a canasta. Nella stanza accanto 3 bimbe  (le rispettive figlie) giocano “alle signore”. Una delle amiche (Beatrice, interpretata da Isabella Ferrari) è in “dolce attesa” e le amiche discutono con lei se sia giusto sacrificare carriera e ambizioni artistiche per i figli.

Circa 30 anni dopo (comunque nell’era della vecchia lira) Beatrice si è uccisa. Le 4 figlie si ritrovano nello stesso salotto dopo il funerale. Commentano come sia difficile il rapporto con gli uomini (nevrotici, opprimenti o insicuri). Una di loro addirittura non ha altro modo per diventare madre che ricorrere all’inseminazione artificiale. Fine del film (durato 94′).

Parlando con mia moglie, abbiamo esaminato la situazione delle protagoniste.

  • (negli anni ’60) le protagoniste NON LAVORANO; niente di strano, appartenendo a famiglie benestanti (parlano di Cortina, di viaggi all’estero, di colf); apparentemente stanno bene, ma viene subito alla luce che hanno sacrificato quasi tutto per il marito e i figli; una di loro è sul punto di far saltare in aria il matrimonio (ha anche avuto un amante, che però l’ha lasciata), MA NON CE LA FA, perché non ha il coraggio di dirlo a SUA MADRE, che le ha sempre fatto ‘na capa tanta sui doveri di una moglie (che si deve sempre sacrificare, ecc); insomma SONO INFELICI.
  • (trenta anni dopo) NESSUNA HA FIGLI; in compenso tutte lavorano e bene (pediatra, avvocato, concertista) e anche questo non è strano, in quanto nascono nelle famiglie benestanti di cui sopra; una sola (la concertista) è sposata; altre due convivono in modo più o meno fragile; la single è l’unica che vorrebbe avere un figlio a tutti i costi, forse per consolarsi della sua solitudine; sentono l’amicizia come un valore assoluto, molto più delle rispettive madri (che ogni tanto litigavano di brutto); SONO INSODDISFATTE COME LE MADRI, ma con un pizzico di speranza in più.

Alla fine, salta fuori un foglietto di carta ingiallita. Trent’anni prima uno dei mariti (mi pare quello di Beatrice) aveva trascritto una bella poesia di Rilke sull’amore. Non ricordo bene le parole della poesia (mi sa che devo andare a comprarmi il libro), ma il concetto è che verrà un tempo in cui le donne ameranno gli uomini (e viceversa) senza timori e angosce e sopraffazioni.

Quando trovo il testo di Rilke lo pubblico. Intanto accontentatevi di questa canzone, triste come il film.

IL CARROZZONE VA AVANTI……

Breve ma intensissima lirica, scritta sul finire del secondo millennio.

L’autore (che si cela sotto lo pseudonimo di Renato Zero) è senza alcun dubbio un filosofo gallico molto famoso a quell’epoca: J. P. Sartre.

Sartre (1905-1980) in quegli anni inquieti e disillusi, considerando la caducità dell’esistenza umana scriveva che “la vita è una passione inutile”, che “il mondo è assurdo, è senza ragione, senza fondamento” , “l’inferno sono gli altri” ecc. Ne risulta una perfetta sintonia con versi come

il carrozzone va avanti da sé

con le regine, i suoi fanti e i suoi re…

ridi buffone per scaramanzia,

così la morte va via…

I computer, cui spetta la soluzione dei problemi di esegesi letteraria, NON HANNO DUBBI A RIGUARDO.

Risulta incerta, invece, l’interpretazione di quel “doppio petto blu” che una mattina scende anche lui dal carrozzone. L’opinione, sostenuta da molti, che si tratti di un’allusione a Milvio Berlusconi (demagogo allora molto conosciuto) è stata esaminata ripetutamente dai computer addetti alle analisi storiche, ma resta tuttora “fumosa“: quando il computer cerca di tirare le somme va in tilt, emettendo scintille e fumo.

Published in: on aprile 18, 2009 at 6:47 am  Comments (10)  
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che malinconia al bar Margherita…

Domenica sono andato a vedere l’ultimo film di Pupi Avati.

Doppia curiosità.

  1. Avati è un bravo regista e spesso (ma non sempre) centra il bersaglio. Ad esempio IL CUORE ALTROVE e LA SECONDA NOTTE DI NOZZE mi sono molto piaciuti, come ricostruzione di momenti del passato, ma soprattutto perchè delineavano con maestria personaggi delicatamente folli.
  2. Al BAR MARGHERITA giocavo anch’io a biliardo. Ma dieci anni dopo il ’54 e giocavo (male) a boccette, non a goriziana.

Com’era dunque quel mitico bar prima che arrivassi io?

Se davvero erano così quelli che mi hanno preceduto, non mi sono perso niente.

Scapoloni cinici e disonesti, scrocconi crudeli nei loro scherzi (in confronto le zingarate di AMICI MIEI fanno tenerezza); non ce n’è uno che riesca simpatico. Si può sorridere del nonno (interpretato dal bravo Gianni Cavina) che muore felice tra le braccia di una puttanella, non del nipote che balla il mambo davanti al suo cadavere ancora caldo.

E poi, possibile che nessuno di questi vitelloni (età variabile tra 16 e 50 anni) parli mai di politica? L’argomento “politica” nei bar di Bologna ha sempre tirato molto.

Ci si aspetta che qualcuno ogni tanto salti su a dire che “quando c’era il Duce le cose andavano meglio” o a parlare male dei preti (altro tema bolognesissimo): invece niente. Possibile?

Alla fine del film ho fatto una sottrazione. 1954 – 18 (l’età del nipotino cuoredoro di cui sopra) = 1936. Taddeo il cinico è nato nel 1936. Conoscete qualcuno nato in quell’anno? Come dite? BERLUSCONI?

Bravi. Indovinato.

Published in: on aprile 8, 2009 at 7:03 PM  Comments (7)  
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Cos’è mai la vita? Da G. Carducci a R. Arbore

Ve la ricordate la romantica Ballata di Jaufrè Rudel?

Amore e morte: il giovane e sfortunato poeta traversa il mare per morire tra le braccia della contessa Melisenda; le prime (e ultime) parole di Jaufrè alla bella “occhi stellanti” sono queste.

“Contessa, che è mai la vita?

E’ l’ombra di un sogno fuggente.

La favola breve è finita,

il vero immortale è l’amor…”

Questo scriveva Giosuè Carducci intorno al 1889. Cento anni dopo Renzo Arbore dava alla stessa domanda la seguente risposta:
quizz
I tempi sono cambiati.

NON E’ L’AMORE il “vero immortale” (è un’emozione instabilissima, si sa), MA SONO I SOLDI, soprattutto se bene investiti (si consigliano i diamanti o l’oro in lingotti) e LA VITA non è più l’ombra di un sogno, ma è un QUIZ TELEVISIVO.

Apro parentesi. La soluzione del quiz letterario era PINOCCHIO e il merito di aver trovato la soluzione per prima va alla bravissima Allemanda da Bolzano. Chiudo parentesi.

Quanto a Jaufrè Rudel, se la (s)fortuna lo facesse nascere oggi, diventerebbe una rockstar internazionale. O (alla peggio) presenterebbe un programma tipo i pacchi di Raiuno.

Published in: on aprile 2, 2009 at 9:02 am  Comments (4)  
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