DIVERSO DA CHI? di Umberto Carteni. Brillante commedia all’italiana.
Si ride (tantissimo nel primo tempo, poco nel secondo) su cose molto serie. Come nell’indimenticabile MEDICO DELLA MUTUA si rideva con Alberto Sordi e si rifletteva sulla sanità italiana e in generale sui mali di una società corrotta e ipocrita, così qui si parla apertamente di omosessualità (e in generale di amore) e di diritti civili.
E si parla, con ironia, dei guai del Partito Democratico: le primarie fasulle, l’eccessiva prudenza, il cinismo dei vecchi marpioni, il far coesistere forzatamente modelli culturali diversissimi. All’inizio il personaggio impersonato dalla Gerini parla come Paola Binetti (con 30 anni di meno) e quando sento la battuta “questo lo mandiamo a farsi massacrare, alle prossime elezioni troveremo un candidato vincente” non ho potuto fare a meno di pensare a Dario Franceschini, poareto…
GRAN TORINO, di e con Clint Eastwood. Dramma suburbano; anzi tragedia, visto come va a finire. Un vecchio terribile, un’auto d’epoca, la difficile convivenza con i “musi gialli”, le guerre tra poveri.
Sono rimasto molto impressionato dal film. Alla fine mi chiedevo “NEANCHE UNA NOMINATION?” Bisogna che lo riveda.
Forse sono stato sopraffatto dalle emozioni che suscita il vecchio leone Clint.
Se torno con la mente ai miei 18 anni (ai vecchi capita molto spesso) il primo film che ricordo è proprio PER UN PUGNO DI DOLLARI. La musica di Ennio Morricone, quelle battute e quelle scene di una violenza surreale.
“Avete fatto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride. Pensa sempre che si rida di lui…”
Ripeto, devo vederlo ancora. Poi deciderò se inserirlo o meno nella mia graduatoria TOP TEN (i migliori films stranieri del decennio). Certe scelte richiedono calma e riflessione.
Infine, LA MATASSA, di Salvatore Ficarra, Valentino Picone e Giambattista Avellino.
Mi è piaciuto (un po’ meno del precedente, il 7 e l’8) e penso che comprerò il DVD. Se non altro, per ammirare PINO CARUSO, raffinato attore che qui ha un ruolo minore (fa il prete) e regala agli spettatori battute di grande mestiere.
Eppoi si parla della mafia. E non è facile parlare di mafia al cinema: o si fa un resoconto fedele (tipo Gomorra) delle sue atrocità o si cade nel macchiettismo, che qui è quasi completamente evitato. Soprattutto i mafiosi non sono visti sotto una luce di (anche minima) simpatia, come qualche volta è successo.
Diverso da chi mi attira, la matassa non tanto
Gran Torino l ho visto e ne ho tratto l impressione che sia un assoluto capolavoro, lui è semplicemente splendido, l ho trovato un perfetto mix fra il vecchio Dirty Harry e l’ allenatore di pugilato di Milion Dollar Baby. Quelle imprecazioni a mezza bocca, quei ringhi, quel viso scavato dall’ eta non possono non bucare lo schermo (per altro ho avuto la fortuna di vederlo in lingua originale e mi sa che la sua interpretazione ne guadagna assai!). In più la storia è splendida e i dialoghi, benchè spesso quasi lirici, sono molto convincenti!
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Ho visto Gran Torino, ma non mi ha entusiasmato: Clint senza cappello e sigaro… 😉
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Beh, però qui ha sempre il fucile!
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Con i suoi 78 anni Clint Eastwood ormai è uno degli ultimi rappresentanti della Hollywood classica, della Hollywood dei tempi d’oro che, tra le altre cose, non esitava a trattare argomenti scomodi e prendere posizioni non popolari. L’importanza di Gran Torino (premiato al National Board of Review) è nel messaggio di grande forza morale che esprime: tolleranza, rispetto reciproco, apertura nei confronti del diverso, coraggio di rifiutare la violenza…
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sono tornato a vederlo, questa volta da solo: è davvero un CAPOLAVORO
e torno a chiedermi come mai non ha avuto NEMMENO UNA nomination, specialmente al REGISTA (sempre lui); spiegazioni possibili:
1. era già stato premiato per MILLION DOLLAR BABY (so what?)
2. il personaggio KOWALSKI ha idee e modi politically uncorrect e (forse) i membri dell’Accademia non sono riusciti a immedesimarsi in lui
IL PUBBLICO PERO’ CONTINUA A VEDERLO: c’era più gente (non solo giovani) la seconda volta che la prima
QUANDO UN FILM VALE VERAMENTE il passaparola lo premia
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Eastwood non é stato premiato. ok. il mio disappunto é grande. ok. la serie di premi non sempre rispecchia la bontá del film e lo sappiamo tutti. ok. sul fatto, invece che il personaggio kowalsky non sia stato “capito” mi trovate d’accordo: la forza del come ha superato la forza del cosa e questo fa smarrire a volte il giudizio. chiaramente kowalsky prima di tutto detesta le differenze etniche del suo quartiere. é impermeabile alle novitá ed é sempre ad un passo dal grilletto, ma diventa, poi, interprete di un nuovo modo di vivere (e viversi?) con le minoranze (maggioranze?) anche al di lá di come finisce il film. mi ha impressionato come sia riuscito a far emergere entrambe il moderato ma solido senso di patria e il lato forse piú bello della filantropia cui siamo “esposti” tutti quando guardiamo intorno e vediamo meno facce dai tratti somatici simili ai nostri.
infine, il film per me finisce perché deve finire come tutti i film, ma inizia nello studio in cui si apre il testamento. chi vuol indagare di piú indaghi.
3 oscar.
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il personaggio KOWALSKY è indimenticabile; scorbutico e parolacciaro, nasconde bene un cuore d’oro dietro la grinta da vecchio pistolero
e soprattutto è un EDUCATORE: quando decide (dopo il momentaccio iniziale) di “adottare” il giovane THAO gli insegna tutto, anche come si apostrofa un barbiere nella jungla suburbana di Detroit
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